Cessione del contratto: quando servono tre parti e cosa cambia nelle locazioni commerciali

Quando si parla di cessione del contratto, spesso si pensa a un semplice passaggio di diritti da un soggetto a un altro. In realtà, la situazione è più articolata. Una recente sentenza del Tribunale di Latina ha rimesso ordine sul tema, spiegando con chiarezza perché la cessione non sia un accordo tra due parti, ma un vero negozio trilaterale.

Cos’è davvero la cessione del contratto

La norma di riferimento è l’art. 1406 c.c., che permette a una parte di trasferire a un terzo la propria posizione contrattuale. Ma questo trasferimento non può avvenire senza che anche la parte che rimane nel contratto esprima il proprio consenso. E questo è il punto centrale ribadito dal Tribunale: la cessione ha natura plurilaterale, quindi il contratto “nuovo” si perfeziona solo quando tutti e tre – cedente, cessionario e parte ceduta – sono d’accordo.

Il ruolo del consenso: quando serve e perché

Il consenso può essere dato anche in anticipo, come prevede l’art. 1407 c.c., ma resta comunque un elemento essenziale. La sentenza chiarisce una distinzione importante:

  • il consenso serve a perfezionare la cessione,

  • mentre la notifica o l’accettazione successiva servono solo a renderla opponibile alla parte ceduta e ai terzi.

In altre parole, la parte ceduta non “prende atto”: partecipa alla cessione.

La responsabilità solidale del cessionario nei canoni arretrati

Il caso affrontato dal Tribunale riguardava la cessione di un ramo d’azienda che comprendeva anche un contratto di locazione commerciale. Qui nasce il tema della responsabilità per i canoni arretrati maturati prima della cessione.

Il giudice ha richiamato l’art. 36 della legge 392/1978 e ha stabilito che il cessionario risponde solidalmente dei canoni non pagati dal cedente nei periodi precedenti.

Perché la cessione ex art. 36 L. 392/1978 è “atipica”

La ragione è semplice: la cessione del contratto prevista dalla disciplina speciale delle locazioni commerciali non funziona come quella del codice civile.

Infatti:

  • il conduttore può cedere il contratto senza chiedere il consenso al locatore;

  • il trasferimento è valido purché avvenga insieme alla cessione o locazione dell’azienda.

Questa struttura “atipica” rende la cessione più ampia rispetto al modello degli artt. 1406 e ss., e quindi non si applica il limite che esclude la cessione delle prestazioni già eseguite.

Cosa significa questa distinzione per proprietari e conduttori

La decisione del Tribunale di Latina contribuisce a chiarire un confine spesso confuso:

  • da un lato la cessione tipica, che richiede l’accordo di tre soggetti;

  • dall’altro la cessione atipica nelle locazioni commerciali, che segue regole proprie e amplia le responsabilità del cessionario.

Per chi affitta o gestisce immobili commerciali, comprendere queste differenze è essenziale per tutelare i propri diritti e prevenire rischi nascosti, soprattutto in presenza di cessioni d’azienda.

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