Quando si parla di compravendita immobiliare, la parola “conformità” genera spesso confusione.
La recente pronuncia della Corte di Cassazione n. 27531 del 15 ottobre 2025 è tornata su un tema centrale: la conformità catastale e il suo impatto sulla validità del contratto di compravendita.
Non introduce una rivoluzione normativa.
Ma offre un chiarimento utile, soprattutto per chi vende casa e vuole evitare errori e contenziosi.
Cosa dice davvero la Cassazione
La Corte ribadisce un principio già presente nella giurisprudenza:
la nullità prevista dall’art. 29, comma 1-bis, della Legge 52/1985 è una nullità formale, non sostanziale.
In concreto:
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l’atto è valido se contiene identificazione catastale, riferimento alle planimetrie e dichiarazione di conformità;
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l’atto è nullo solo se queste indicazioni mancano del tutto;
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l’eventuale non veridicità della dichiarazione non rende nullo l’atto, ma apre a responsabilità civili o penali.
Tradotto in modo chiaro:
la legge non chiede che l’immobile sia perfettamente conforme al Catasto per rendere valido il rogito, ma che la dichiarazione ci sia.
Conformità catastale ≠ conformità edilizia
Qui nasce l’errore più frequente.
La Cassazione parla solo di Catasto.
La conformità catastale riguarda:
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la corrispondenza tra lo stato di fatto e le planimetrie depositate;
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un requisito formale dell’atto notarile.
La conformità edilizio-urbanistica riguarda invece:
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il rispetto dei titoli abilitativi;
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la reale commerciabilità dell’immobile;
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il rischio concreto di contenziosi, richieste di risarcimento o annullamento per vizi.
Sono due piani diversi.
E confonderli è uno degli errori più pericolosi per chi vende.
Perché la sentenza è importante (ma non rivoluzionaria)
La decisione del 2025:
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non cambia la legge;
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non “sdogana” le difformità;
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non tutela chi dichiara il falso.
Serve piuttosto a ricordare che:
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la validità notarile non equivale alla sicurezza dell’operazione;
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un atto valido può comunque generare problemi seri dopo il rogito.
Cosa deve fare oggi chi vende casa
Dal punto di vista operativo, una sola strada è davvero prudente:
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verifiche tecniche preventive;
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chiarezza totale verso l’acquirente;
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gestione professionale delle difformità prima di mettere l’immobile sul mercato.
Un atto valido non protegge automaticamente il venditore.
La prevenzione sì.
Questa sentenza è un promemoria importante:
nel mercato immobiliare la forma conta, ma la sostanza conta di più.
Chi vende casa senza verifiche si espone a rischi inutili.
Chi vende con un professionista serio, li evita prima.
Per maggior trasparenza del mercato e la tranquillità assoluta nelle trattative sarebbe auspicabile il Fascicolo digitale del fabbricato di cui ho parlato qualche giorno fa.
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